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lunedì 5 novembre 2007

Libri, siti & Co. - La strada



Il premio Pulitzer 2007 è stato assegnato a “La strada” di Cormac McCarthy (2007, pg. 218, ed. Einaudi).

McCarthy catapulta il lettore alla fine del mondo, dove gli alberi e le foglie non sono “secchi”, ma “morti” e dove un padre e un figlio camminano tra la cenere di quel che resta del nostro pianeta. L’apocalisse è avvenuta qualche anno prima, ma McCarthy non ci spiega né il perché né il come il mondo si sia ridotto così, perché in fondo non ce n’è bisogno: è avvenuto e basta.


L’atmosfera in cui è immerso tutto il romanzo è naturalmente opprimente, ostile, lontanissima dal “nostro” mondo fatto di comodità e piccole gioie materiali, ma non è affatto irreale. Anzi è assolutamente ragionevole supporre che dopo la catastrofe (nucleare, ambientale, o chi lo sa ..) una volta finite le scorte di cibo, nelle nostre civilissime terre il furto, l’assassinio e il cannibalismo diventi pratica comune e che quest’ultimo si indirizzi in primo luogo verso i bambini sopravvissuti.

A captare l’attenzione del lettore non sono le situazioni raccapriccianti, che certamente non mancano, ma il rapporto padre – figlio. Quel rapporto è un mondo fatto di amore completamente immerso in un mondo terrificante.

E’ per questo che il padre ha il rimorso di aver parlato al figlio del mondo che è stato e cerca di non ricordagli mai sua madre, perché per suo figlio quelle cose possono solo farlo soffrire e non lo aiuteranno mai nella vita che deve affrontare.

Nel mondo che conosciamo pensare all’educazione e al futuro del proprio figlio significa preoccuparsi di mandarlo in buone scuole e svolgere al meglio il proprio compito di genitore con l’esempio di una vita “perbene” ispirata a valori di civiltà.

Nel mondo descritto da McCarthy, (un mondo allo stesso tempo lontanissimo e a un passo da noi), l’esempio che il padre è costretto a dare al figlio è quello di essere sempre pronto a uccidere chiunque si avvicini a lui e di non poter aiutare nessuno, adulto o bambino.

Il significato della parola “futuro” in mondo così è ben descritta dal fatto che quando il padre è costretto ad allontanarsi anche di pochi passi da suo figlio, non porta con sé la pistola, ma la lascia sempre al bambino, sperando che il figlio la usi per uccidersi in caso di pericolo.

Eppure McCarthy a poco a poco ci fa capire che proprio in mondo così, dove niente ha significato, l’unica cosa in cui credere sono proprio i valori di civiltà: nei dialoghi tra padre e figlio, fatti di frasi secche e terribili nella loro semplicità, il mondo è diviso in “buoni” e “cattivi”.
I “buoni” sono quelli come loro, che “non mangiano i bambini”. Questa divisione tra buoni e cattivi non ha niente di inadeguato o di infantile, sono concetti essenziali, che hanno la forza della più complessa filosofia che possiamo immaginare.

Un genitore normale nel nostro mondo può tranquillamente concepire di dare la propria vita per salvare quella di suo figlio, nel mondo del romanzo può tranquillamente concepire di uccidere il proprio figlio per non farlo sopravvivere a sé stesso. In quel mondo il più grande atto di fiducia nel futuro dell’uomo, che può fare un padre è quello di permettersi di morire lasciando solo suo figlio.

Un libro geniale, che sembra occuparsi di un mondo ipotetico, mentre invece parla solo e sempre di noi.

Paolo Cianfoni


Links
http://www.cormacmccarthy.com/
http://it.wikipedia.org/wiki/Cormac_McCarthy

Eyeliam photo


pubblicato su "L'Urlo" di Novembre 2007

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