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domenica 27 maggio 2007

Libri, siti & Co. - "La cattedrale del mare"

“La cattedrale del mare” in questo momento è tra i libri più letti anche in Italia. L’avvocato spagnolo Ildefonso Falcones, inizia così la sua carriera di scrittore con un bel libro, complessivamente avvincente, anche se con qualche caduta di ritmo.

Il romanzo è un ampio affresco del medioevo catalano attraverso le vicende e i sentimenti di Arnau Estanyol un servo della gleba che, appena nato, tra le braccia amorevoli del padre Bernat, fugge verso Barcellona, faro di libertà e speranza di una vita migliore, città nella quale percorrerà tutti i gradini della scala sociale.

Il lettore si scopre subito coinvolto nell’impeto di rivolta dell’animo di Bernat contro l’ingiustizia sancita dalle usanze e dai privilegi feudali (il signore locale violenta la moglie il giorno delle nozze invocando lo ius primae noctis) e partecipa all’anelito di libertà per sé e soprattutto per suo figlio.

Il piccolo Arnau per questo sarà privato per sempre dell’affetto di sua madre e la sostituirà nel suo cuore con la figura della Vergine Maria, in onore della quale il popolo di Barcellona sta costruendo una magnifica chiesa.

Solo tra quelle mura alte e sottili, che si protendono progressivamente verso il cielo, Arnau si sentirà a casa.

I bastaixos erano gli operai che portavano sulle spalle le merci incluse le grandi e pesanti pietre usate per costruire, Arnau diventa bastaix fin da bambino, il lavoro più duro e più umile che a Barcellona veniva fatto dagli uomini liberi e per tutta la vita si sentirà uno di loro, anche quando sarà banchiere e nobile.

Poco importa se l’intreccio è a tratti prevedibile e la figura del padre esce di scena in modo incoerente con la sua vita consacrata al figlio (diventa un rivoltoso e viene giustiziato), il libro di Falcones riesce mirabilmente a descrivere quel brodo primordiale di valori (libertà, famiglia, giustizia, operosità e cristianesimo) che si crea alla fine del medioevo, dal quale nasce la cultura europea.

E lo fa con il calore del romanziere attraverso le passioni, gli amori fisici, l’odio, gli errori e i rimpianti di un solo uomo.

L’animo di Arnau vibra di fronte alle tante donne positive e negative della sua vita: la perfida cugina Margarida, la baronessa Isabel, la prima moglie devota Maria, l’amante Aledis dai grandi occhi castani, la seconda moglie nobile Elionor e, infine, Mar, il suo grande amore impossibile.

Certamente questa vita tanto eccezionale quanto inverosimile, così dominata dai sentimenti, nella quale quasi tutti i personaggi prima o poi ritornano, sembra adatta a un feuilleton ottocentesco, ma il libro è ugualmente godibile e stimolante e nemmeno l’evidente svista dell’autore, che fa comparire le patate in un mondo che non le aveva ancora scoperte, rompe l’incanto di un tempio della cristianità fatto con il sudore e il sangue dei bastaixos, per il quale il suo architetto non voleva usare altri ornamenti se non lo spazio e la luce: Santa Maria del Mare di Barcellona è esattamente così.


Paolo Cianfoni



pubblicato su "L'Urlo" di maggio 2007
foto di Xavier Caballé

sabato 26 maggio 2007

"La cacciata di Cristo" Rosa Alberoni

Con un libro agile di sole 212 pagine "La cacciata di Cristo" Rosa Alberoni riesce in una impresa divulgativa veramente apprezzabile, quella di rendere con parole semplici il filo rosso (rosso di sangue), che passa nella storia della filosofia attraverso illuminismo, marxismo e nazismo.

Tre correnti di pensiero che sono riuscite ad addormentare la coscienza dell'uomo per realizzare tre immani olocausti, tre impostazioni filosofiche nelle quali l'ottima autrice vede lo stesso intento e lo stesso schema di azione, estirpare dall'uomo la sua naturale tendenza al divino, con una lotta totale, in definitiva, soprattutto al Cristianesimo.

Il Cristianesimo concepisce che dentro l'uomo c'é sia il bene che il male ed è per questo che Dio ha donato all'uomo il libero arbitrio, un dono che anche Lui rispetta, e ha indicato all'uomo la strada giusta con l'esempio del Cristo. In questo senso il nemico delle teorie del male non sono le religioni che prevedono regole, ma il Cristianesimo che è religione di Libertà, basato sulla coscienza dell'uomo, che è l'essenza stessa della cultura dell'Occidente.

Per me che non ero mai riuscito a finire "Mein kampf" una vera manna, perché mi ha dato una chiave per capire.

PC

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mercoledì 23 maggio 2007

Libri, siti & Co. - "Ho voglia di te"

“Tre metri sopra il cielo” il primo romanzo di Federico Moccia è del 1992 ed è diventato un film nel 2004. E’ la storia di Step (Stefano) un ragazzo di Roma tutto moto, risse e miti adolescenziali, che, sotto la scorza del duro, ama Babi la “perfettina” dei Parioli e crede che l’amore sia eterno.

Nel secondo romanzo (2006) e film (marzo 2007) “Ho voglia di te” Step scopre che l’amore non è eterno, ma che si può trovare un altro e più grande amore (Gin - Ginevra) e credere ancora nell’amore eterno.



Il simbolo dell’aspirazione all'eternità dell’amore è il gesto (che oggi è già un rito nei giovani romani) di fissare una catena al lampione centrale di Ponte Milvio, chiudere il lucchetto e gettare le chiavi nelle acque del Tevere pronunciando semplicemente le parole “Per sempre”.

Nel libro molto godibili sono le atmosfere di strana complicità che si creano tra Step e Gin e il modo in cui Moccia rende con le parole i sentimenti soprattutto nella parte finale.

L’intreccio mette un po’ troppa carne al fuoco: il difficile rapporto di Step con sua madre, che muore appena si ritrovano, un tentativo di violenza su Gin in perfetto stile “Vallettopoli” sventato dai pugni di Step, i preparativi per il matrimonio di Babi, la sorella di Babi che è incinta e non sa di chi, il padre che tradisce e viene scoperto, Step che tradisce Gin con Babi, c’è perfino un accenno di musical in trattoria … per un libro che parla di sentimenti questo implica una qualche superficialità.

Il romanzi sono ambientati negli anni ottanta quando anche l’autore aveva venti anni e frequentava i luoghi della zona Parioli.

Ma più delle date sono i gusti e i miti del mondo giovanile a collocare in quegli anni la storia di Step, Babi e Gin: le impennate (pinne) in moto, la boxe, l’assenza di riferimenti politici, l’amore facile con una hostess come simbolo di successo.

Gusti e miti che possono forse descrivere anche il mondo giovanile di oggi, ma che danno alla figura di Step un alone démodé, che lo fa apparire perfetto nel suo ruolo di principe azzurro dei nostri tempi.

Un principe che scrive sui muri “Ho voglia di te” e, insieme a Gin, combatte una battaglia contro la paura che l’amore invecchi, contro l’incomunicabilità e l’ipocrisia delle coppie mature.

Vale la pena leggere “Ho voglia di te” perché è un romanzo di grande popolarità, perché è riuscito ad emozionare tanti lettori, non solo adolescenti e perché non è mai inutile interrogarsi sull’amore.

Poi, magari, passando da “Ho voglia di te” qualche giovane lettore che non le ha ancora incontrate potrebbe imbattersi nelle poesie di Nazim Hikmet o di Pablo Neruda e approfondire il suo viaggio nei sentimenti.

Paolo Cianfoni
pubblicato su "L'Urlo" di Aprile 2007
foto renaissancechambara Ged Carroll

sabato 19 maggio 2007

Considerazioni sui libri di Dan Brown

I libri di Brown sono prodotti editoriali molto ben studiati sotto il profilo dei gusti del grande pubblico e, infatti, hanno un successo enorme. I contenuti naturalmente sono, come li definisce a ragione Angelo Crespi su Il Domenicale "panzane", però, a mio avviso, hanno un aspetto positivo.
Anni fa si era diffusa la cosiddetta new age, i giovani, trascinati dall'esempio dei divi di Hollywood aderivano alla moda delle religioni orientali, adottandone superficialmente simboli e costumi. Poi questa moda si è progressivamente spostata sul piano più generale, non strettamente religioso (oggi Angelina Jolie fa moda tantuandosi sulla schiena scritte in lingua khmer).
I contenuti dei libri di Brown sono una specie di new age, altrettanto superficiale, ma che si alimenta di simboli e miti della cultura occidentale. Certo possono avere i medesimi intenti di indebolire la nostra cultura, ma scherzare con i valori potrebbe comunque stimolare in molti lettori la voglia di approfondire e di confrontarsi con la nostra identità. Panzane sì, ma di casa nostra.

Non sono in grado, da semplice lettore quale sono, di valutare se tali opere debbano essere considerate, come scrive Rosa Alberoni ne "La cacciata di Cristo", "infami opere di propaganda" anticristiana "paragonabili solo" a quelle "che hanno preparato l'avvento del nazismo". Certo é che se si leggono quei romanzi credendo a quanto la prefazione vuole dare a intendere, e cioè, che le tesi sostenute siano vere, sarebbero un altro colpo alle basi della cultura occidentale.

Posso solo portare la mia personale esperienza di lettore: nel mio caso mi hanno spinto ad approfondire con altri testi quanto c'é di storico (quasi niente) e quanto di fantasia (quasi tutto) e ho "scoperto" una fase della storia del cristianesimo dove una giovane Chiesa, fatta di carne e sangue, iniziava il suo cammino di istituzione, interrogandosi essa stessa di fronte agli insegnamenti di Cristo. Ci può essere del buono nascosto in ogni cosa.

PC

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Libri, siti & Co. - "Angeli e demoni"


Potrebbe essere la top model brasiliana Gisele Bundchen ad impersonare Vittoria Vetra, l’affascinante fisica e biologa, nel film tratto da “Angeli e demoni”, che dovrebbe arrivare sugli schermi nel 2008.

E’ in questo romanzo scritto da Dan Brown nel 1999 e quindi due anni prima del “Codice”, che appare per la prima volta il personaggio di Robert Langdon, professore di Simbologia all’
Università di Harvard.
Se sullo schermo Langdon ha il volto di Tom Hanks, nei romanzi è impossibile non notare la somiglianza con lo stesso autore, Dan Brown: hanno frequentato la stessa scuola, stesso stile nel vestire e la medesima fossetta a solcargli verticalmente il mento. Anche il nome gli deriva da un personaggio reale, John Langdon, professore alla Drexel University, ideatore di ambigrammi, cioè le scritte che si possono leggere sia da sinistra verso destra sia all’inverso e che nella finzione di “Angeli e Demoni” sono il marchio che la setta degli Illuminati lascia sulla pelle delle loro vittime.

Robert Langdon è un bel personaggio: dalla penna di Brown ne è uscito con il fascino di Indiana Jones e le risorse di James Bond, anche se con le donne è più imbranato di Charlie Brown.

Della sua vita privata non si sa quasi niente, è presumibilmente single, soffre di claustrofobia a causa di una brutta esperienza infantile e come orologio ha il vezzo di portare soltanto un vecchio modello per bambini, con Mickey mouse nel quadrante.

Rispetto agli altri personaggi dei libri di Brown è il più “vero”, forse perché si comportano tutti in modo eccessivamente statunitense e Langdon è praticamente l’unico ad esserlo davvero.

Angeli e demoni è un thriller ancora più di azione rispetto al Codice da Vinci e quindi ancora più adatto per una versione cinematografica. Certo le esagerazioni della trama stridono molto per noi italiani, perché il romanzo è ambientato nel Vaticano durante il Conclave, dove si muove con naturalezza un cardinale assassino e paracadutista, mentre Langdon riesce a uscire senza un graffio dopo una caduta dall’elicottero, senza paracadute, nelle acque del Tevere.

Il film é un successo annunciato, così come lo è “The Solomon key” il romanzo che Brown sta scrivendo e che vedrà Langdon questa volta a Washington alle prese con la massoneria. Un libro e un film che attendiamo in molti.

Paolo Cianfoni





pubblicato su "L'Urlo" Marzo 2007

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Libri, siti & Co. - "Il Codice da Vinci"

Occuparsi di lettura con lo spirito giovane e frizzante de “L’urlo” è una bella sfida. Una recente indagine ha “scoperto” che più della metà degli italiani non legge (ce lo immaginavamo), ma una buona fetta di questa metà non legge per scelta! Pensa infatti che il “lettore” sia un tipo noioso, anaffettivo, presuntuoso e pieno di dubbi (becchiamoci questa!).

No, no… Noi lettori non siamo così! Però, a pensarci bene, le pagine culturali dei quotidiani spesso fanno l’effetto “arte contemporanea”, dove un taglio sulla tela non è un taglio-sulla-tela, ma è la poetica dello spazio, dove perfino la goliardata di Piero Manzoni, la famosa opera “Merda d’artista” non è la presa in giro del mercato dell’arte, ma nasconde chissà quali significati trascendenti e assoluti. In effetti le pagine culturali spesso sono talmente culturali da essere incomprensibili, noiose e inutilmente complicate.



Per riscattarci ci sforzeremo di parlare di libri (e anche di internet e di giornali) con chiarezza e semplicità. Interessandoci un po’ di tutto, senza essere schizzinosi, con lo spirito leggero di chi legge una rivista mentre beve un caffè.

Partiamo forte allora, con il successo mondiale di Dan Brown, quel “Codice da Vinci” che qualche anno fa con ingredienti semplici (una setta, un assassino, una grande figura storica, una istituzione secolare - la chiesa cattolica e una presunta verità che sarebbe stata per secoli sotto gli occhi tutti) ha venduto 17 milioni di copie.

La critica lo ha demolito (e avrà le sue buone ragioni), ma oggi a qualche anno di distanza forse si può fare un discorso più pacato. Il primo aggettivo che mi viene in mente è moderno. I libri di Brown sono moderni nel linguaggio e nell’intreccio. Sembrano copioni cinematografici, l’azione è essenziale. Brown riesce a dare la sensazione dello svolgersi simultaneo degli eventi. Un po’ come quando lavori al computer e tieni aperte più finestre nella “barra delle applicazioni di windows”: salti da una all’altra avendo la sensazione di fare più cose simultaneamente (multitasking). Allo stesso modo Brown salta da un capitolo all’altro e fa avanzare situazioni diverse e lontane verso un atteso ricongiungimento. Cosicché il lettore è incollato al libro e un capitolo tira l’altro. Non sono tanti i libri che fanno lo stesso effetto, anche tra quelli ben più solidi e apprezzati dalla critica.

Nel prossimo numero de “L’urlo” riprenderemo questo viaggio nei libri di Dan Brown.
Paolo Cianfoni








pubblicato su "L'Urlo" di Febbraio 2007

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